RIVISTA DI CULTURA INFORMATICA EDITA DA

Analizzare il mondo digitale nel segno delle intersezioni 

Editoriale 

La storia dell’Informatica è punteggiata di numerose figure femminili di colore, già a partire dagli anni ‘50. Particolarmente nota è la vicenda umana ed il contributo scientifico e tecnologico delle calcolatrici1 nere della NASA nelle missioni spaziali che portarono poi nel 1969 il primo uomo sulla Luna. Sono le protagoniste del film “Hidden Figures” (distribuito in Italia con il titolo “Il diritto di contare”), ovvero Katherine Johnson, Dorothy Vaughan, e Mary Jackson. La prima divenne persona di fiducia per il calcolo delle traiettorie dei razzi nelle missioni Mercury ed Apollo, la calcolatrice nelle cui mani vi furono le vite dei primi astronauti. Insignita della Presidential Medal of Freedom dal presidente Barack Obama nel 2015 e riconosciuta come role model nelle STEM (si pensi alla sua riproduzione come Barbie da parte della Mattel e come pupazzetto nella serie speciale Lego dedicata agli eroi e alle eroine nelle missioni aerospaziali), al suo nome è intitolato il Computational Research Facility della NASA. Vaughan fu pioniera della programmazione dei primi calcolatori digitali acquisiti dalla NASA per accelerare la corsa allo spazio, salvando il posto di lavoro per se stessa e per le sue colleghe calcolatrici destinate ad essere rimpiazzate dalle macchine. Jackson fu la prima donna nera a diventare ingegnere aeronautico presso la NASA, lavorando nel team diretto dalla Vaughan. 

Molto meno nota è invece la figura di Gladys West. A Carla Petrocelli, autrice dell’articolo “La magia invisibile del GPS. Gladys West e la forma della Terra” ospitato in questo numero nella rubrica “Ada e le altre”, va il merito di farcela scoprire, sottraendola ad un oblio comune a molte informatiche della prima era, oblio particolarmente inesorabile nel caso di quelle dalla pelle scura. 

Come infatti sottolineato da Petrocelli, vi è una oggettiva difficoltà a reperire informazioni su queste figure per via della scarsità di fonti che documentino il loro contributo pur importante al progresso scientifico e tecnologico del settore. Gladys West compie una scalata sociale non irrilevante nell’America degli anni ‘50, eludendo grazie al suo talento matematico un destino segnato di lavoro nelle piantagioni di tabacco in Virginia in cui era nata e cresciuta. Il nome di West è legato allo sviluppo del GPS e agli studi di geodesia, nonché all’uso dei calcolatori elettronici per l’elaborazione dei dati satellitari. 

Ancora oggi il contributo della comunità afroamericana agli sviluppi dell’Informatica è di assoluto rilievo. Gli scenari sono in un certo senso cambiati rispetto agli anni ‘50, sebbene non drasticamente come si potrebbe pensare. Persistono stereotipi e pregiudizi (in una parola, un bias, per dirla con gli anglosassoni) che persino la società multietnica americana non è ancora riuscita a scardinare, nonostante gli eccellenti contributi degli uomini e delle donne di colore al progresso del Paese e alla sua egemonia scientifica e tecnologica nel mondo. Le loro vicende umane e professionali richiedono una riflessione profonda sul tema della diversità e dell’inclusione, un tema sempre più caldo in ICT. Le informatiche nere in particolare sono attivamente impegnate nel contrasto alle discriminazioni nel loro settore, anche perché per loro alla discriminazione di genere si somma quella razziale. Ed ecco che, quando si considerano gli ostacoli che queste donne sono costrette ad affrontare per affermarsi nella vita, negli studi e nelle professioni, si rende necessaria una cosiddetta “analisi intersezionale”, ovvero l’analisi delle intersezioni fra due o più dimensioni della diversità, nello specifico quelle legate al genere e alla “razza”2

Il potere dirompente delle tecnologie di Intelligenza Artificiale (IA), e la crescente pervasività delle sue applicazioni in tutti gli ambiti della nostra vita, stanno portando all’attenzione della comunità scientifica internazionale innumerevoli questioni legate agli impatti etici, legali, sociali ed economici. Ancora una volta, e forse mai come ora, la comunità afroamericana è in prima fila, contribuendo un preziosissimo sguardo lungimirante e critico sui pericoli che una IA mal progettata, mal implementata e mal applicata può comportare. Emblematica è la figura di Joy Buolamwini, la ricercatrice del MIT Boston che per prima ha analizzato i limiti dei sistemi di riconoscimento facciale, rilevando sperimentalmente le prestazioni degradate di questi sistemi proprio nel caso di volti femminili dalla pelle scura. Buolamwini è iniziatrice di un vero movimento culturale di matrice afroamericana, la Algorithmic Justice League, per la difesa dei diritti umani da un uso sconsiderato di algoritmi nei contesti decisionali. Sulla sua scia si muove Timnit Gebru, salita agli onori della cronaca per il suo licenziamento da parte di Google nel 2020 a causa di un suo articolo in cui denunciava le criticità dei large language models, quelli per intenderci alla base dei sistemi di question answering come ChatGPT. Gebru aveva anticipato molte delle perplessità successivamente espresse da più parti, circa la opacità di questi modelli, l’enorme dispendio di risorse computazionali necessarie per addestrarli, nonché la replicazione di stereotipi e pregiudizi nelle risposte fornite. Li aveva chiamati “stochastic parrots”, una espressione che ora risuona spesso per sottolineare la reale natura di questi sistemi che si comportano più come pappagalli che ripetono quanto appreso senza comprenderne il significato e senza citare le fonti, che come vere intelligenze artificiali. 

Per il ruolo giocato dalle informatiche di colore nel passato e nel presente, oserei affermare che siamo in debito con loro per aver spianato la strada verso nuovi modi di fare Informatica, una Informatica meno ossessionata dai tecnicismi e più attenta al bene dell’Umanità. L’analisi intersezionale infatti a cui la comunità afroamericana (ma non solo ormai) si appella per la valutazione di rischio delle odierne tecnologie ICT, in particolare quelle potenti di IA, si rivela anche un punto di contatto fecondo ed interessante fra il nostro settore e l’area umanistica (per la precisione, gli studi di genere e le filosofie femministe contemporanee) dove questo strumento di analisi è nato e si è sviluppato. Grazie a questa contaminazione, potremmo persino assistere ad un sensibile e auspicabile riavvicinamento delle donne al mondo digitale, da sempre più attente ai rapporti fra Tecnologie e Società. 

Come ideatrice e curatrice della rubrica “Ada e le altre” non potrei che esserne contenta. Da parte mia non resta che rinnovare l’invito a sottoporre idee, suggerimenti ed articoli per la rubrica “Ada e le altre” scrivendo all’indirizzo: adaelealtre.mondodigitale@aica.it


  1.  Il termine computer indicava a quei tempi la professione esercitata da matematici e matematiche particolarmente dotati/e per il calcolo, effettuato rigorosamente a mente o al più a mano. Con l’avvento delle macchine calcolatrici, il termine ha perso questo riferimento alle persone ed è diventato poi sinonimo di calcolatore elettronico.   ↩︎

  2. Il termine odioso di razza, sebbene si riferisca ad un concetto non fondato scientificamente, sarà qui usato analogamente a quanto è fatto in tutti i documenti istituzionali che regolano i principi di uguaglianza e di non-discriminazione a livello nazionale ed internazionale, per esempio la Costituzione Italiana   ↩︎
Website | + posts

Ideatrice e curatrice della rubrica "Ada e le altre"

spot_imgspot_img

Articoli Correlati

Editoriale di Antonio Piva, Presidente di AICA

Cari lettori, è con grande piacere che vi presento due importanti novità che rappresentano una tappa significativa per AICA e per la nostra storica rivista, Mondo Digitale.

Physical Layer Security: tecnologie e applicazioni

Viviamo in una società iperconnessa dove le tecnologie di comunicazione ci supportano nelle attività quotidiane. In una visione olistica della sicurezza di questo vasto cyber-spazio merita approfondire il ruolo della Physical Layer Security (PLS) e delle sue applicazioni in diverse aree di comunicazione.

Filosofia interroga Arte – Drammaturgia sfida IA

Scienza, filosofia, arte e teatro hanno proposto una variante del test di Turing al pubblico della Bright Night pisana 2023 e alla più vasta utenza della rete. Il Test è consistito in una domanda filosofica posta a una pittrice di quattro secoli fa, Artemisia Gentileschi.

Intelligenza Artificiale: analisi e proposte

In questo articolo si presentano le meravigliose opportunità scientifiche, tecnologiche, industriali ed applicative aperte dall’intelligenza artificiale (IA), l’analisi dei difetti e dei pericoli che potrebbero manifestarsi e la discussione di nuove norme e approcci che consentano il controllo dei pericoli senza condizionare lo sviluppo scientifico e tecnologico.

Cronaca prossima ventura

Dalla prima pagina di un quotidiano 
Siamo in piena era di Intelligenza Artificiale, da alcuni anni sistemi come ChatGPT sono disponibili e i risultati sono sorprendenti...  
wpChatIcon