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LA MACCHINA DEI SOGNI

SOMMARIO

Per macchina dei sogni si intende un apparato in grado di registrare la nostra attività onirica, ossia il susseguirsi di immagini, suoni, parole ed emozioni che passano nella mente durante il sonno. La dream machine è oggetto di ricerca in vari laboratori del mondo, ma per il momento esiste solo nei film di fantascienza.

Come constatiamo ogni giorno, i sogni sono una realtà sfuggente. Ci sono infatti. mentre dormi, ma al mattino, quando ti svegli, scompaiono e ti resta solo qualche labile e parziale ricordo. Può la scienza moderna trovare il modo di cambiare radicalmente questa situazione, cioè registrare i sogni in tutta la loro durata e interezza con voci, suoni e immagini? Finora questa possibilità si trova solo nei film di fantascienza. Per esempio, in Brainstorm, generazione perduta c’è un dispositivo costituito da un casco collegato ad una complessa apparecchiatura computerizzata che digitalizza l’attività cerebrale e la registra su nastro. La registrazione può poi essere vista e rivissuta dal soggetto, ma anche da qualsiasi altra persona. Quella che possiamo chiamare la macchina dei sogni non è però soltanto oggetto dei film di fantascienza. Fa parte ormai dei programmi di qualificati istituti di ricerca scientifica. Un pioniere di questa avventura è il giapponese professor Yukiyasu Kamitani del Computational Neuroscience Laboratories che si occupa da tempo del problema usando tecnologie di brain scanning. Il primo lavoro risale a dieci anni fa1. Su questo tema sono in corso ricerche in varie parti del mondo, ma la soluzione è tutt’altro che facile. Il problema è complesso, si tratta di identificare le aree cerebrali coinvolte e tradurre in suoni, parole e immagini una miriade di segnali elettroencefalografici. La macchina dei sogni non esiste ancora. Ma che cosa si potrà fare quando sarà disponibile? Indubbiamente sarà di aiuto per psicologi e psicoterapisti perché permetterà di captare messaggi del nostro inconscio, conoscere aspetti reconditi delle persone, pensieri che i soggetti hanno dentro ma non sono in grado di dire da svegli. Ma il sistema sarà a disposizione di ogni persona per i propri usi e, come si vede nei film, basterà che prima di addormentarsi si metta sul capo un caschetto coi sensori e accenda l’apparecchio informatico di registrazione. Ovviamente ognuno si terrà solo ciò che desidera conservare, si farà cioè una videoteca dei propri sogni come deposito di pensieri e introspezioni personali. Ma c’è anche la possibilità di mostrare qualche pezzo agli altri, magari a titolo scherzoso. Per esempio, mandare alla ragazza dei propri sogni (termine, in questo caso, quanto mai appropriato…) la ripresa di un incontro da tanto tempo desiderato ma mai realizzato. Oppure mostrare ai colleghi di ufficio il video di una solenne ramanzina fatta al proprio capo, in presenza di tutto lo staff. O anche fare un pranzo a crepapelle sotto gli occhi indispettiti del proprio dietologo. Insomma, tante cose mai fatte in realtà, solo pensate e rimaste nelle circonvoluzioni cerebrali, ossia nel cassetto dei sogni. I sogni sono sempre stati, fin dai tempi antichi, oggetto di curiosità e di indagine. Sul tema c’è una amplissima letteratura che va dai pensieri della gente comune alle interpretazioni dei filosofi, per non parlare delle illazioni di maghi e fattucchiere. Una ipotesi comune è che i sogni abbiano una funzione rilevante nelle nostre vite, anche se è controverso dire quale essa sia. Per esempio Freud pensava che i sogni consentissero di realizzare i nostri più reconditi desideri. Altri sostengono invece che abbiano un ruolo evolutivo, insegnandoci nel sonno ad affrontare situazioni in cui potremmo incappare nella vita di tutti i giorni. Si potrebbe continuare a lungo sul significato dei sogni e sulla varietà delle sue interpretazioni. Ma anche solo da questi brevi cenni si può capire che la dream machine, la macchina per catturare i sogni, quando sarà disponibile costituirà un evento davvero epocale.

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Franco Filippazzi è un informatico di lungo corso. Laureato in fisica, ha fatto parte del piccolo gruppo di ricercatori della Olivetti che ha progettato l’ELEA, il primo computer a transistor messo sul mercato mondiale (1959). Alle attività di ricerca in ambito industriale ha costantemente affiancato incarichi di docenza universitaria. Ha ricoperto incarichi direttivi nelle associazioni culturali del settore. Socio di AICA dalla sua fondazione, è stato il primo direttore di Mondo Digitale. È autore di una ventina di volumi sull’informatica, nonché di un ampio numero di articoli sulle riviste del settore. A tempo perso, scrive racconti di fantascienza.

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