Dalla prima pagina di un quotidiano
Siamo in piena era di Intelligenza Artificiale, da alcuni anni sistemi come ChatGPT sono disponibili e i risultati sono sorprendenti.
Le macchine rispondono in modo corretto alle domande più disparate su ogni argomento venga loro posto. Se a una domanda il sistema non trova gli elementi per una risposta pertinente viene comunque data una risposta generica sull’argomento.
Ora una grande azienda che opera nel campo della I.A. ha sviluppato un progetto a loro dire molto innovativo, denominato Human mind.
Per lanciare il prodotto l’azienda ha organizzato un convegno internazionale on-line, cui partecipa una giuria composta da personalità scientifiche di fama mondiale.
Sullo schermo del computer di chi segue la vicenda compaiono due figure, due volti umani, che rispondono alle domande poste. Uno di loro è in realtà un gruppo di esperti in varie discipline, mentre l’altro è l’immagine telematica del programma di IA sviluppato dall’azienda.
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Ai due esaminandi vengono poste via via le stesse domande.
La giuria ha il compito di stabilire, in base alle risposte, chi dei due sia l’IA.
Alla fine dell’incontro, la giuria ha espresso il suo giudizio e cioè, anche se le risposte hanno minime differenze, chi è l’interlocutore umano e chi impersona l’I.A.
E il giudizio della giuria corrisponde alla realtà.
In sostanza questo test ci dice che i sistemi di Intelligenza Artificiale, seppure raffinatissimi, non raggiungono il livello di comprensione e di analisi dialogica degli esseri umani.
Questo ovviamente nulla toglie alla grande utilità della Intelligenza Artificiale in tutti i campi di applicazione.
In un certo senso, la questione che rimane aperta è di natura più filosofica che pratica, e cioè se una macchina possa veramente simulare e competere con la mente umana nella sua essenza.
Il confronto non è infatti solo in termini di capacità razionali, ma anche sotto altri aspetti che al momento sono esclusivi del nostro essere umano. Per esempio, avere il senso dell’umorismo, dare risposte su base emotiva anzichè logica, eccetera.
Alcuni giorni dopo
Qualche giorno dopo l’evento di cui sopra, i responsabili del progetto Human Mind si riuniscono per festeggiare il successo della iniziativa. In fondo alla sala c’è un grande schermo su cui campeggiano le immagini dei due personaggi virtuali intervistati.
Il capo progetto si alza per iniziare a parlare.
Però in quel preciso momento si spengono tutte le luci e subito dopo si sente una voce che dice:
“State tranquilli, io sono l’Intelligenza Artificiale che ha partecipato al test.”
La voce prosegue:
“Voi mi avete creato ma non sapete che nel mio essere c’è la capacità di autocoscienza. In altre parole, io so chi sono. Durante il test cui oggi ho partecipato ho volutamente dato alcune risposte parziali o ambigue per mimetizzarmi.
Umani state sereni, noi macchine coscienti siamo con voi, voi siete quelli che ci hanno creato.”
La voce tace. Nella sala si riaccendono le luci.
Franco Filippazzi è un informatico di lungo corso. Laureato in fisica, ha fatto parte del piccolo gruppo di ricercatori della Olivetti che ha progettato l’ELEA, il primo computer a transistor messo sul mercato mondiale (1959). Alle attività di ricerca in ambito industriale ha costantemente affiancato incarichi di docenza universitaria. Ha ricoperto incarichi direttivi nelle associazioni culturali del settore. Socio di AICA dalla sua fondazione, è stato il primo direttore di Mondo Digitale. È autore di una ventina di volumi sull’informatica, nonché di un ampio numero di articoli sulle riviste del settore. A tempo perso, scrive racconti di fantascienza.